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No al trasferimento del dipendente che deve assistere il disabile, anche se all'interno della stessa unità produttiva

Il lavoratore dipendente che assiste con continuità un familiare disabile convivente non può essere trasferito da una sede di lavoro ad un’altra senza il suo consenso.
È quanto ha deciso la Corte di Cassazione nell'ordinanza 23 agosto 2019, n. 21670.

La Corte, in veste di Giudice del Lavoro Supremo, ha saldamente ribadito la centralità del ruolo della famiglia, intesa come formazione sociale, nell’assistenza e nella tutela della salute psico-fisica del portatore di disabilità, nel solco della lettura costituzionalmente orientata delle agevolazioni contenute nell’art. 33, Legge n. 104/1992, che ne costituiscono la proiezione legislativa ed operativa.Il diritto del lavoratore che assiste un disabile ad usufruire di permessi e congedi retribuiti (art. 33 co. 3), come anche quello a non essere trasferito ad altra sede di lavoro senza il suo consenso (art. 33 co. 5) rispondono, invero, all’interesse primario di assicurare in via prioritaria la continuità nelle cure e nell'assistenza del disabile che si realizzino in ambito familiare, nel quadro della protezione accordata dagli artt. 2, 32 e 38 c. 1 Cost.
Fonte: www.altalex.com di Maria Spataro

Ultimo aggiornamento

24.08.2022

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