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Neoassunti. Previdenza complementare e silenzio-assenso

Con la sottoscrizione all’Aran dell’accordo del 16 settembre 2021 (non firmato da FGU Gilda Unams), si è definitivamente introdotta, nella Pubblica Amministrazione, la formula del silenzio-assenso per l’adesione al fondo Pensione Perseo-Sirio.

In base a tale accordo, i lavoratori assunti dopo il 1° gennaio 2019 nei Ministeri, Regioni e Autonomie Locali, Sanità, Enti Pubblici Non Economici, Agenzie Fiscali, Università, Ricerca, Enac e Cnel, per non far scattare il principio del conferimento tacito, dovranno dichiarare esplicitamente di non voler aderire al fondo pensione.

Per essere più chiari possibile, riportiamo i primi tre commi dell’art. 5 (norma di prima applicazione) dell'accordo:

1. Il presente articolo disciplina, in prima applicazione, l’adesione mediante silenzio-assenso del lavoratore la cui “assunzione” abbia avuto luogo successivamente al 1° gennaio 2019, ma prima della data di entrata in vigore del presente accordo.

2. Entro sessanta giorni dalla sottoscrizione del presente accordo, le Amministrazioni forniscono ai lavoratori di cui al comma 1, l’informativa di cui all’art. 4, comma 1, con specifico ed espresso riferimento all’adesione mediante silenzio-assenso di cui al presente articolo ed al relativo termine, decorso il quale ha luogo l’iscrizione. L’informativa di cui al presente articolo è resa mediante comunicazione personale agli interessati con modalità che garantiscano la certezza della data di ricezione.

3. Nei sei mesi successivi alla data in cui è stata resa la comunicazione di cui al comma 2), il lavoratore di cui al comma 1 può comunicare all’amministrazione la propria volontà di non aderire ovvero può iscriversi al “Fondo”, con le modalità previste, manifestando espressamente la propria volontà di adesione. Qualora, durante tale periodo, il medesimo lavoratore non esprima alcuna volontà, egli è iscritto automaticamente al predetto “Fondo” a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla scadenza dei sei mesi.

Pertanto, nei prossimi giorni l'Amministrazione provvederà ad inviare a tutti i lavoratori assunti o stabilizzati dal 1° gennaio 2019 una nota che informa sull'accordo e sulle modalità di adesione o diniego al fondo. Invitiamo, quindi, tutti i colleghi a valutare la convenienza o meno di aderire a questo fondo di previdenza complementare.

A tal fine vi descriviamo brevemente il funzionamento del fondo:

Il Fondo Perseo-Sirio è un fondo pensionistico per i lavoratori della Pubblica Amministrazione. Esso è istituito come un’associazione senza scopo di lucro. Tale fondo nasce dall’unificazione di due fondi distinti in passato, ossia Perseo e Sirio (questa fusione è già indicativa sulla bontà della gestione di questi fondi!).

Aderire al Fondo-Perseo-Sirio significa diventarne socio e partecipare all’elezione degli organi di amministrazione (60 delegati, 8 Consiglieri d’Amministrazione e 4 Revisori).

Il fondo Perseo-Sirio prevede un versamento dei contributi da parte degli associati e dei datori di lavoro che vengono trattenuti mensilmente direttamente in busta paga e successivamente versati al fondo. Il valore dei contributi da versare è così come segue:

  • 1% della retribuzione utile al calcolo del Tfr versato direttamente dal datore di lavoro;
  • 1% della retribuzione utile al calcolo del Tfr versato dal lavoratore;
  • 100% del TFR maturato a partire dall’adesione al Fondo per i nuovi assunti nel settore pubblico successivamente al 31 dicembre 2000.

 

Il valore della contribuzione può essere variato annualmente. Tutti i contributi versati dal lavoratore a Perseo-Sirio sono deducibili dal reddito del lavoratore imponibile ai fini fiscali e si cumulano con quelli versati dal datore di lavoro.

Detto dei vantaggi, sugli svantaggi di questi prodotti, cosiddetti previdenziali, rispetto al mantenimento del TFR, si potrebbe scrivere non un libro, bensì un’enciclopedia.

Ci limitiamo a dire solamente che criticare i fondi pensione sembra sfondare porte aperte dopo le perdite dovute alle crisi finanziarie dell’ultimo decennio. Magari ci sarà – e ce lo auguriamo tutti – la ripresa economica ma il punto non è quanto renderanno in futuro i fondi pensione (che in particolari periodi potrebbero anche battere il TFR). Il punto è il rischio che il lavoratore si accolla, giocandoselo alla roulette della previdenza integrativa.

Il TFR è, invece, un gioiellino di sicurezza, infatti...

Con il TFR il datore di lavoro calcola il 6,91% della retribuzione annua, che trattiene e rivaluta periodicamente in base all’inflazione. Lo corrisponde poi al dipendente quando il rapporto di lavoro finisce per dimissioni, licenziamento, pensione ecc. inoltre:

  • s’incrementa sempre in termini nominali, senza mai scendere;
  • è garantito dall’Inps mentre dal 2017 non vi è più la protezione dello Stato per i fondi bancari ed assicurativi in caso di fallimento;
  • è immediatamente e integralmente disponibile quando cessa il rapporto di lavoro;
  • esaminandolo in modo corretto, si scopre che incorpora una tutela quasi perfetta nei confronti dell’inflazione;
  • nessun fondo pensione garantisce gli stessi rendimenti senza limiti di tempo;
  • nessun investimento sui mercati finanziari è altrettanto protettivo in termini di potere d’acquisto.

 

Noi riteniamo che tutti gli argomenti a favore della previdenza complementare siano infondati o debolissimi: i vantaggi fiscali sono irrisori e divorati dai costi, il contributo del datore di lavoro è facilmente vanificato dai rendimenti negativi. In buona sostanza, una pensione integrativa sicura si può ottenere anche tenendosi il TFR.

Per saperne di più si consiglia la visione dell'intervento del nostro consulente nazionale nella registrazione dell'assemblea FGU Università dell'8 novembre 2021.

Accordo del 16 settembre 2021

Comunicato

 

Ultimo aggiornamento

24.08.2022

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